"Che differenza c’è tra Montaldo e un assessore di centrodestra?"
Ha lasciato quella che era ormai diventata un’«azienda», «dove la salute è un prodotto e i pazienti sono clienti», quindici anni fa. Ma dall’ospedale continuano a chiamarla, a cercarla, a chiederle aiuto. «Non sanno più a chi rivolgersi, con chi parlare, non esiste un punto di riferimento» spiega Paola Gari, per anni direttrice amministrativa dell’Usl Val di Magra e andata in pensione come coordinatrice di tutta l’azienda spezzina . «Oggi la sanità — commenta amara — è gestita secondo le logiche dei ministri De Lorenzo e Sirchia, finiti tutti e due in galera, logiche aziendalistiche, della chiusura dei piccoli ospedali, dell’eccellenza.
Che differenza c’è tra Montaldo e un assessore di centrodestra? Peccato che a livello internazionale oggi si vada proprio in direzione contraria, verso la valorizzazione dei piccoli ospedali. Ed è considerato un’eccellenza il “Branca” di Gubbio che ha meno di 200 posti letto.
Il piccolo va cancellato perché non funziona e non garantisce sicurezza: allora perché non chiudono le cliniche private? Come mai si fanno convenzioni con Alma Mater e Villa Azzurra? Il piccolo non funziona nel pubblico ma nel privato rende?»
Tante le domande di Paola Gari che pongono l’accento su contraddizioni ancora senza risposte certe.
«Sono stati messi i carri davanti ai buoi — dice — Hanno cancellato il reparto di ostetricia e ginecologia senza preoccuparsi di adeguare prima quello che lasciavano aperto: la vasca per il parto in acqua che qui funzionava da anni non è stata installata.
Va bene togliere i doppioni ma quando ci sono le condizioni, non con un ospedale inadeguato e senza garantire adeguati servizi territoriali. Perché non fano una verifica su quanto è davvero costata la chiusura della maternità al San Bartolomeo, su quanto dovranno pagare all’Asl di Massa per le donne che vanno a partorire là.
Certe scelte sono il frutto dello scontro tra due logiche campanilistiche: sarebbe servita una commissione formata da sarzanesi e spezzini. Ma oggi non c’è più confronto, non esiste il contradditorio, si cerca di eliminare il dissenso. Tutto è nelle mani degli assessori regionali e di direttori oligarchi che dall’alto della loro torre decidono solo per i tagli. Nelle Unità sanitarie la collegialità non mancava, c’erano membri di diversa formazione, ci si scontrava e si decideva.
Oggi neppure i sindaci, che dovrebbero farlo, ascoltano cittadini e comitati».
Un’idea del commissario prefettizio Giuseppe Calvani l’idea di dare a Sarzana un nuovo ospedale, perseguita poi dal consiglio di amministrazione del San Bartolomeo presieduto da Anelito Barontini con al suo fianco, tra gli altri, l’indimenticata professoressa Maria Cicinato.
Si voleva un ospedale «a misura d’uomo» si cercò il grande architetto finlandese Alvar Aalto, poi il fiorentino Michelucci.
Ci sono voluti quasi 40 anni per averlo, tra varianti, soldi che non arrivavano e divergenze. «Doveva essere un ospedale di comunità, strettamente legato al territorio che prenda in carico il malato, considerato nella sua condizione umana e sociale — dice Paola Gari — ed è ancora quello che manca.
L’eccellenza non esiste senza umanità».
PAOLA GARI: 75 anni dei quali 34 vissuti nella sanità, prima sarzanese, poi provinciale. Entrata nel 1961, appena laureata in giurisprudenza e promossa all’esame da procuratore legale, come segretaria nell’ospedale San Bartolomeo.
«Uno dei più antichi della Liguria, nato nel 1388 come ospedale per i poveri e i pellegrini per volontà di una donna, Andreola Sarzani, che lasciò tutti i suoi averi per farlo costruire».
Allora le «aziende sanitarie» erano iniimmaginabili, il San Bartolomeo sarebbe diventato ente ospedaliero solo 7 anni dopo prima di finire in mano all’Unità sanitaria locale nel ’78 e passare sotto l’Asl nel ’92.
Che differenza c’è tra Montaldo e un assessore di centrodestra? Peccato che a livello internazionale oggi si vada proprio in direzione contraria, verso la valorizzazione dei piccoli ospedali. Ed è considerato un’eccellenza il “Branca” di Gubbio che ha meno di 200 posti letto.
Il piccolo va cancellato perché non funziona e non garantisce sicurezza: allora perché non chiudono le cliniche private? Come mai si fanno convenzioni con Alma Mater e Villa Azzurra? Il piccolo non funziona nel pubblico ma nel privato rende?»
Tante le domande di Paola Gari che pongono l’accento su contraddizioni ancora senza risposte certe.
«Sono stati messi i carri davanti ai buoi — dice — Hanno cancellato il reparto di ostetricia e ginecologia senza preoccuparsi di adeguare prima quello che lasciavano aperto: la vasca per il parto in acqua che qui funzionava da anni non è stata installata.
Va bene togliere i doppioni ma quando ci sono le condizioni, non con un ospedale inadeguato e senza garantire adeguati servizi territoriali. Perché non fano una verifica su quanto è davvero costata la chiusura della maternità al San Bartolomeo, su quanto dovranno pagare all’Asl di Massa per le donne che vanno a partorire là.
Certe scelte sono il frutto dello scontro tra due logiche campanilistiche: sarebbe servita una commissione formata da sarzanesi e spezzini. Ma oggi non c’è più confronto, non esiste il contradditorio, si cerca di eliminare il dissenso. Tutto è nelle mani degli assessori regionali e di direttori oligarchi che dall’alto della loro torre decidono solo per i tagli. Nelle Unità sanitarie la collegialità non mancava, c’erano membri di diversa formazione, ci si scontrava e si decideva.
Oggi neppure i sindaci, che dovrebbero farlo, ascoltano cittadini e comitati».
Un’idea del commissario prefettizio Giuseppe Calvani l’idea di dare a Sarzana un nuovo ospedale, perseguita poi dal consiglio di amministrazione del San Bartolomeo presieduto da Anelito Barontini con al suo fianco, tra gli altri, l’indimenticata professoressa Maria Cicinato.
Si voleva un ospedale «a misura d’uomo» si cercò il grande architetto finlandese Alvar Aalto, poi il fiorentino Michelucci.
Ci sono voluti quasi 40 anni per averlo, tra varianti, soldi che non arrivavano e divergenze. «Doveva essere un ospedale di comunità, strettamente legato al territorio che prenda in carico il malato, considerato nella sua condizione umana e sociale — dice Paola Gari — ed è ancora quello che manca.
L’eccellenza non esiste senza umanità».
PAOLA GARI: 75 anni dei quali 34 vissuti nella sanità, prima sarzanese, poi provinciale. Entrata nel 1961, appena laureata in giurisprudenza e promossa all’esame da procuratore legale, come segretaria nell’ospedale San Bartolomeo.
«Uno dei più antichi della Liguria, nato nel 1388 come ospedale per i poveri e i pellegrini per volontà di una donna, Andreola Sarzani, che lasciò tutti i suoi averi per farlo costruire».
Allora le «aziende sanitarie» erano iniimmaginabili, il San Bartolomeo sarebbe diventato ente ospedaliero solo 7 anni dopo prima di finire in mano all’Unità sanitaria locale nel ’78 e passare sotto l’Asl nel ’92.
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