Nella seduta del 05/11 il Collegio di Direzione dell’ASL 5 ha approvato all’unanimità il Piano di Riorganizzazione Aziendale proposto dalla Direzione, e pochi giorni orsono il Sindaco della nostra città ha ancora una volta ribadito il suo favore al nuovo Piano Sanitario Regionale dell’Assessore Montaldo, precisando però che lo ha accettato “solo dopo aver avuto garanzie per il futuro, che i Reparti del S. Bartolomeo fossero complementari al nuovo Felettino”.
Valutato quanto emerso il 19/11 in un incontro con la Direzione Aziendale - a cui ho preso parte in qualità di rappresentante sindacale dell’associazione dei Dirigenti Medici Ospedalieri (FESMED) e nel corso del quale tutte le associazioni sindacali (mediche e non) si sono dichiarate totalmente contrarie al suddetto piano - non posso altro desumere se non che il nostro Sindaco è stato proditoriamente ingannato o che – ahimé – è un inguaribile ingenuo….! Nessuna garanzia può infatti aver ricevuto, se non quella che l’ospedale “S. Bartolomeo” verrà sostanzialmente trasformato in una struttura sanitaria per lungodegenti (hospice oncologico, geriatria, cardiologia riabilitativa, infettivi, don Gnocchi, residenza protetta per anziani) e un grande poliambulatorio (centro antidiabetico, nucleo operativo di alcoologia, oftalmologia, chirurgia ambulatoriale e chirurgia di un giorno).
L’approvazione del piano costituisce infatti solo l’ultimo atto (e verosimilmente quello finale) di un lungo processo di ridimensionamento qualitativo e di impoverimento professionale del nostro ospedale, iniziato poco dopo la sua inaugurazione e pervicacemente attuato dalla Direzione Aziendale fino ai nefasti risultati attuali; a tutto vantaggio di un “Nuovo Felettino” che non c’è, nemmeno sulla carta! Un nuovo ospedale che dovrebbe sorgere non si sa quando…. (se mai verrà costruito …?!) e nel posto meno idoneo dell’intera provincia (almeno questa è la mia modestissima e irrilevante opinione).
Il Piano di Riorganizzazione prevede infatti per il “S. Bartolomeo”: l’abolizione del Servizio di Anestesia e Rianimazione, con soppressione del relativo posto di primario; abolizione della Divisione di Ostetricia e Ginecologia, e trasferimento di tutti i ginecologi da Sarzana a La Spezia; la cancellazione della Divisione di Ortopedia 2, assorbita nella Struttura Complessa Aziendale, con dirottamento di tutta la traumatologia al “Sant’Andrea”; l’assorbimento del Modulo di Dialisi nella Divisione di Nefrologia di La Spezia; il dirottamento a La Spezia di tutte le urgenze chirurgiche, con ulteriore e gravissimo declassamento della Divisione di Chirurgia di Sarzana, che – ridotta ad un organico medico numericamente insostenibile - verrà abilitata solo al trattamento delle patologie “a intensità di cura medio-bassa” (leggi: day-surgery), sottacendo l’intenzione (peraltro già velatamente preannunciata) di costringere il sottoscritto ad andare ad operare al “Sant’Andrea” i casi più complessi ….!
Mentre non si fa alcun riferimento al Modulo di Oncologia (inaugurato solo qualche mese fa dalla Direzione Aziendale alla presenza di numerosi politici locali e regionali); si vocifera che l’Urologia ritornerà a la Spezia; il Primario Medico è ufficialmente in pensione, il Primario Ginecologo e l’Anestesista sono stati costretti al pensionamento anticipato e il Primario Ortopedico andrà in pensione dal prossimo mese di febbraio (già sapendo che nessuno di loro verrà ovviamente sostituito, in quanto nel frattempo sono state richieste alla Regione 22 deroghe per l’assunzione di nuovi dirigenti medici, ma tutte per l’ospedale di La Spezia e nessuna per quello di Sarzana !).
Non è certamente questo l’ospedale di Michelucci che i Sarzanesi hanno atteso per decenni; né più quello inaugurato nel 2000 dal ministro Bindi e successivamente approvato e complimentato dal ministroVeronesi; e purtroppo neanche quello al quale ho dedicato 30 anni della mia vita professionale.
Il fallimento del “S. Bartolomeo” rappresenta una grande occasione perduta: prima di tutto dai politici locali (che invece di adeguatamente difenderlo – come sarebbe stato loro imprescindibile dovere - lo hanno letteralmente svenduto); ma anche da tutti gli operatori sanitari che hanno inutilmente sperato in un suo consistente e reale potenziamento (che avrebbe potuto farne un ospedale di assoluta eccellenza); ma soprattutto, purtroppo, dagli abitanti della Val di Magra, che oggi non possono più far nascere a Sarzana i propri figli e domani dovranno rivolgersi altrove per un qualsiasi mal di pancia !
So già che qualcuno mi accuserà di ottuso provincialismo, di miope e inconcludente campanilismo, se non addirittura di velleitario tentativo di difendere chissà quali inconfessabili interessi personali. Dico subito che da siffatte accuse mi sento e sono assolutamente immune, e che di questi “qualcuno” davvero non potrebbe importarmene di meno. Del resto, quello descritto, non è altro che lo stato attuale, ciò che è sotto gli occhi di tutti, e che mio unico intendimento è stato quello di informare dei fatti i miei concittadini nel modo più corretto e adeguato.
Nell’avvilente panorama nazionale dell’inarrestabile degrado nell’amministrazione della cosa pubblica, il progressivo depauperamento dell’ospedale di Sarzana costituisce certo solo un piccolo, minimo esempio. Ma, forse, qualcosa si può ancora rimediare. Qualcosa, forse, in Italia si può ancora salvare. Magari solo un ospedale ….! Forse.
Il Direttore della S.C. di Chirurgia dell’Ospedale di Sarzana
Dott. Carlo E. Lippi
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