lunedì 30 gennaio 2012

LA STORIA E LUI SI SFOGA: «VOGLIONO DEMOLIRE LA COSA PUBBLICA»
Due anni di attesa con un’ulcera.
di EMANUELA ROSI
CERTO non deve essere stata facile quella telefonata per l’infermiere che si è trovato, suo malgrado, a dover assolvere l’ingrato compito. E di sicuro non poteva spiegargli perché stava rinviandogli a «data da destinarsi»
l’intervento vascolare che aspetta da due anni e mezzo per risolvere una grave ulcera. Come dire a un malato che l’Azienda sanitaria prevede un grosso picco di influenza, quindi di dover trovare posto a tanti anziani ai quali continua a non garantire quei servizi territoriali promessi che potrebbero evitare loro di finire in ospedale? Come spiegargli che già al pronto soccorso del San Bartolomeo, come del Sant’Andrea, tutti i giorni si fanno i salti mortali per trovare un letto ai pazienti da ricoverare e, quasi una volta su 3, bisogna «piazzarli» in altri reparti? Come dirlo a lui che per potersi ricoverare, oltre a «pazientare» 30 mesi, ha fatto i salti mortali per sistemare tutti i problemi in famiglia e prendersi una settimana di ferie? E aggiungere poi che non si sa quando l’intervento potrà farlo davvero perché l’ordine del direttore medico parla di «sospensione temporanea» dei ricoveri programmati per un «elevato afflusso» di pazienti «ordinari», cioè che non si possono programmare e quindi la lungimirante Asl spezzina si lancia a prevedere, come fosse un colonnello dell’aeronautica alle prese con le perturbazioni. Si è limitato a scusarsi, l’infermiere. Con lui e con gli altri 8 che tra ieri e oggi dopo altrettanto lunga attesa dovevano subire passare sotto i ferri del chirurgo vascolare.
«E’ UNO scandalo: vogliono demolire la cosa pubblica. Mi hanno anche detto che se voglio fare prima devo rivolgermi alle strutture accreditate. Ma se io ho fiducia in un medico che lavora al San Bartolomeo perchè devo andare da un’altra parte?» non può che concludere amaro il paziente beffato. E che la demolizione sia in corso non solo continuano a denunciarlo i comitati dei cittadini, ora i sindacati, lo ha gridato qualche medico, dubbi sorgono anche in alcuni amministratori, ma è reso evidente da tanti «piccoli», o forse no, indizi. Basta cercare un reparto al San Bartolomeo di Sarzana. Un’impresa! La confusione dell’Asl sul futuro del «grande ospedale a misura d’uomo» dell’architetto Michelucci è tutta nella segnaletica che dovrebbe guidare i visitatori a destinazione, ma li manda confusamente in orbita. I cartelli con le indizioni originali sono un ottimo sistema di depistaggio, quelli rivisti e corretti (?) sono fogli A4 scritti a mano e appiccicati con lo scotch dove capita. Se ci restano, perché capita che precipitino e vengano risistemati alla bell’e meglio fino alla successiva capitolazione. Cerchi il reparto di Chirurgia donne? Vai dritto per Urologia, non fidandoti delle frecce ma chiedendo informazioni ai passanti oppure seguendo una delle barelle che esce dalla sala operatoria. Se sei fortunato sei arrivato. Ma non farti cogliere dal dubbio: sulla porta c’è scritto Urologia, ma in fondo in fondo al corridoio a un certo punto, trovi la tua destinazione. Certo, non è carino dover curiosare in ogni stanza, quasi spiare i malati nella loro intimità dolorosa. Altro sistema non c’è. Lì è finita la «chirurgia di elezione» che nell’ultima rivelante illuminazione dell’Asl spezzina e dell’assessore regionale avrebbe dovuto essere il nuovo «fiore all’occhiello» dell’ospedale sarzanese, passato ormai di moda il centro di eccellenza per la riabilitazione. Peccato che mentre tenta di sistemare i cartelli giusti al posto giusto l’Asl renda impossibile programmare gli interventi, continuando così ad allungare i tempi di attesa anche per una «banale» colecisti. Ora c’è la prevista «emergenza influenza» ma anche quando i virus graziano gli anziani della vallata resta il problema anestesisti. Ne mancano tanti, almeno 5, così il pomeriggio non si possono programmare interventi e in caso di urgenza bisogna chiamare a casa il reperibile. Al mattino invece si lavora ben al di sotto delle possibilità dell’ospedale: delle tre sale operatorie una spesso resta desolatamente vuota. Ma nella sanità spezzina ogni certezza è «temporaneamente sospesa»: ogni mattina se gli interventi si allungano più del previsto l’ultimo paziente rischia di doversi rivestire e tornare a casa. «Ci scusi» non possono che dirgli. «Siamo allo sfascio» non può che pensare.

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