lunedì 10 settembre 2012

ANCORA NESSUN PIANO DETTAGLIATO SU TAGLI E RIORGANIZZAZIONE. E allora il Movimento cittadini per la sanità pubblica un completo documento di informazione, denuncia e proposta.

PARTE 1
PER LE PROBLEMATICHE DELLA RIORGANIZZAZIONE DEI SERVIZI OSPEDALIERI DELLA A.S.L. 5 SPEZZINO
Attualmente questi sono i punti su cui costruire le ipotesi di riorganizzazione della rete ospedaliera spezzina nel periodo transitorio che dovrebbe portarci al nuovo ospedale provinciale sede di D.E.A. di 2° livello:
1 – La scelta di costruire il nuovo ospedale “provinciale” sulle ceneri del vecchio ospedale del Felettino.
2 – La scelta di destinare il vecchio Sant’Andrea ad attività di D.E.A. (già primo livello che dovrebbe potenziarsi fino al riconoscimento di D.E.A. 2° livello con l’attivazione delle specialità previste dalle linee guida e normative attuali) e la conferma della sede di Pronto Soccorso nell’Ospedale San Bartolomeo di Sarzana.
3 – Il riconoscimento che la ripartizione dei finanziamenti regionali penalizzava fortemente la A.S.L. 5 e che esiste anche una gravissima carenza di posti letto ospedalieri e di personale.
4 – La ricerca o la sperimentazione di modelli assistenziali che rendano l’organizzazione dei servizi e reparti ospedalieri più efficiente, efficace e flessibile.
5 – L’assoluta necessità di “fare rientrare” l’utenza migrante che preferisce (o è obbligata) cercare soluzioni alle sue necessità presso strutture sanitarie extraregionali.

Punto 1: La scelta di costruire il nuovo ospedale “provinciale” sulle ceneri del vecchio ospedale del Felettino.
            E’ oramai notorio che il finanziamento nazionale destinato alla regione Liguria per il programma di edilizia ospedaliera non copra l’intera opera
neppure prendendo per buona la stima di spesa del 2006 che fissava il costo dell’opera in 185 milioni di euro.
            Già i ritardi accumulati fanno pensare ad un aumento del costo preventivato alla data odierna perché dopo 6 anni pare impossibile che la previsione del costo, calcolato allora sulla media costo per posto letto, sia rimasta la stessa. Addirittura l’ ingegnere responsabile del procedimento, in presenza del Direttore Generale, ebbe a dire l’anno scorso in un convegno sulla sanità spezzina organizzato dal Partito Democratico locale in Piazza Brin a La Spezia (moderatrice sig.ra Conti, consigliere comunale a La Spezia) che il nuovo ospedale del Felettino sarebbe costato 245 milioni di euro.
            Attualmente la situazione sembra essere la seguente, salvo presentazione di documentazione comprovante il contrario:
- Finanziamento: Non ancora trasferito alle casse regionali.
- DELIBERA CIPE 97/98 2008: Finanziati 153.274.000 € per l’edilizia regionale della Liguria
oggi ridotti ancora fino a 130.000.000 €
- DELIBERA CONSIGLIO REGIONALE 2009 n° 8: Costo stimato 188.700.000 € (Compreso parcheggi, demolizioni, spese tecniche e trasferimento reparti)
- ACCORDO DI PROGRAMMA COMUNE/ASL/REGIONE 07/2011: Costo stimato 175.000.000€
- Costo totale stimato A.S.L. 5 (Ingegnere responsabile in Piazza Brin Festa del PD) 245.000.000 € PER UN TOTALE DI 520 posti letto (Accordo Comune/A.S.L./Regione) di cui 450 per acuti e 70 “tecnici”, che non vanno calcolati nel calcolo coefficiente per mille abitanti.
-         il finanziamento previsto originariamente dal ministero della salute per l’edilizia ospedaliera (ex Art. 20) destinato alla regione Liguria è stato decurtato recentemente  ed oggi è fissato in 130 milioni di euro che non sono ancora stati trasferiti alla cassa regionale.
-          La Regione Liguria ha ammesso che “con questa cifra dovranno essere differiti acquisti di macchine ed arredi” (Dott. Montaldo, Assessore regionale alla salute, dal “Giornale della Giunta”, 20 Luglio 2012) e affermato che “la brutta notizia è che nella programmazione sanitaria si riuscirà a fare solo l’ospedale di La Spezia, e forse non ci sono tutti i soldi neppure per quello…” (Dott. Burlando, Presidente Regione Liguria: dichiarazione a “Genova24.it”).
-         A Ciò vanno sommati i dubbi di autorevolissimi esponenti locali come il Dott. Melley (Presidente della Fondazione Ca.Ri.Spe.) che dichiara alla stampa: “…se le cose dovessero non andare bene, visto il momento, per quello nuovo di La Spezia, si potrebbe puntare sul San Bartolomeo potenziando poi l’esistente”.
            Pare ovvio che la fattibilità dell’opera, che comunque solo col pieno utilizzo anche dell’ospedale di sarzana raggiungerebbe il numero di posti letto necessari alla provincia, sia messa in discussione e che, nella migliore delle ipotesi, i tempi previsti si allungheranno oltre i 5 anni della migliore previsione. E resta ancora da risolvere lo scoglio della reale operatività perché, ad opera edilizia finita, potrebbe non corrispondere la disponibilità finanziaria per renderla operativa.
            Come non di poco conto, in termini di efficienza ed efficacia della struttura, potrebbero essere l’ ipotesi che sta avanzando di ridurre il numero delle A.S.L. liguri e accorpare la A.S.L. 5 con la A.S.L. 4 del Tigullio o la discussione che si sta aprendo sul bacino di utenti necessario per “reggere” economicamente la presenza di un D.E.A. di 2° livello, cosa che automaticamente, fare diventare insufficiente una struttura pensata e tarata su 220.000 potenziali utenti e non gia su 500.000 che pare essere il nuovo limite di “sostenibilità”.
            Si ricorda che la regione Liguria, fortemente condizionata dalla presenza e forza di strutture private riconducibili anche alla potentissima Curia, aveva preso impegni anche per la costruzione o la ristrutturazione di altri nosocomi (come ad esempio l’ Ospedale Galliera su cui qualcuno ipotizzò addirittura l’accensione di un mutuo regionale per onorare l’impegno di investire circa 50 milioni di euro in interventi sull’Ospedale genovese) e ipotizza scenari nefasti per il progetto spezzino dal momento in cui i finanziamenti, se mai arriveranno alla Regione, potrebbero essere dirottati su progetti di cui si può garantire l’intera copertura della spesa invece di quello spezzino che, sicuramente, non sarà invece coperto in toto.
            Anche i più ottimisti fautori del progetto dovrebbero, quindi, mantenere una certa percentuale di possibilità che l’opera possa subire ulteriori impedimenti sia nella realizzazione che nei tempi di costruzione. Pare persino superfluo ribadire che la speranza di vedere operativa la nuova struttura entro 5 anni sia mera utopia.
            Dalla scelta di costruire il nuovo ospedale “provinciale” sulle ceneri del vecchio ospedale del Felettino occupato da reparti e servizi, per noi sbagliata ed invece indiscutibilmente ferma da parte della regione e del Comune di La Spezia, deriva l’assoluta necessità di liberare la parte degenziale sulle 24 ore trovando allocazione ai posti letto in altra sede o trasformandoli in degenza giornaliera di Day Hospital.
            Ad oggi, stante la situazione, dovrebbero ancora trovare sistemazione in altra sede, dopo il trasloco di Urologia ed oculistica a Sarzana e di Psichiatria ed Infettivi al Sant’Andrea, le divisione di Geriatria e di Oncologia (che contano, rispettivamente, 32 e 20 posti letto di degenza sulle 24 ore con una occupazione del 100%), oltre che tutti i servizi “diurni” che ora sono locati nello stesso stabile (Ambulatori, Day Hospital e servizi territoriali vari)

 Punto 2: La scelta di destinare il vecchio Sant’ Andrea ad attività di D.E.A. (già primo livello che dovrebbe potenziarsi fino al riconoscimento di D.E.A. di 2° livello con l’attivazione delle specialità previste dalle linee guida e normative attuali) e la conferma della sede di Pronto Soccorso nell’Ospedale San Bartolomeo di Sarzana.
            Solo a titolo informativo citiamo la discussione che coinvolse autorevoli  operatori del campo dell’emergenza che rilevavano come allora ( i tempi erano quelli della discussione del piano sanitario regionale), ma anche oggi non essendo cambiato ancora nulla, la scelta migliore come sede del Dipartimento di Emergenza ed Accettazione era l’Ospedale di Sarzana che meglio si prestava architettonicamente e come logistica in attesa del nuovo ospedale provinciale. Ricordiamo interventi in questo senso ad un convegno sui “grandi traumi” organizzato qualche anno fa dall’A.S.L. 5 a Villa Marigola dei Professori Bobbio Pallavicini e Nicosia, già primari di Anestesia/Rianimazione e capi Dipartimento di Emergenza della ASL 5 Spezzino. Ciò pur evidenziando che per un D.E.A. la posizione più confacente sarebbe  stata una più “baricentrica” rispetto alla geografia della Provincia e alle vie di comunicazione.
            L’attuale situazione ha trovato, da allora, un peggioramento, avendo dovuto collocare proprio nella struttura del Sant’Andrea, individuata sede del D.E.A.,  alcune divisioni trasferite dal Felettino col risultato di diminuirne la potenzialità in termini di dotazione di posti letto.
            Allo stesso modo il trasferimento di Urologia a Sarzana in coabitazione con la divisione di Chirurgia, quello di Ostetricia e Ginecologia a La Spezia con l’accorpamento delle due divisioni preesistenti ed il successivo trasferimento di Oculistica dal Filettino a Sarzana nei locali precedentemente occupati da Ginecologia/Ostetricia, ha ulteriormente ridotto il numero di posti letto disponibili per le attività chirurgiche e diagnostiche in presenza, oltretutto, di un fenomeno pesantissimo noto come “appoggi”. Ovvero il ricovero temporaneo di pazienti medici in reparti chirurgici per mancanza di posti letto nelle divisioni di pertinenza.
            Oggi la situazione è ancora peggiorata, se è vero che la divisione di Chirurgia Generale spezzina ha dovuto cedere posti letto al nuovo servizio di Chirurgia Vascolare e chiudere 23 posti letto (un intero piano essendo la divisione strutturata su due) per problemi, non già “di ferie del personale” come dichiarato inizialmente, ma di ristrutturazione dei locali stessi e delle sale operatorie che, si dice, coinvolgerà a rotazione anche la divisione di Ginecologia/Ostetricia. Il tutto con una previsione sulla riapertura non inferiore ai 12/18 mesi.
            Il risultato finale è che la struttura ospedaliera spezzina non pare in grado di supportare le attività chirurgiche di urgenza ed emergenza assieme alla parte di chirurgia di “elezione” (interventi programmabili). Ancor di più dopo la decisione di “by passare” il pronto soccorso di Sarzana con tutte le urgenze cosidette “maggiori” (scelta che spetta al 118 in base alle condizioni del paziente e alla previsione diagnostica del medico soccorritore) o di trasferire comunque là anche quelle che si presentano al Pronto Soccorso sarzanese.
             Ma, di più, si pone addirittura il dubbio che l’incidenza di urgenze ed emergenze chirurgiche che si riversano presso il Sant’Andrea imponga la riattivazione dell’attività di chirurgia d’urgenza/emergenza (Ortopedica e di Chirurgia Generale), o almeno parte di essa, anche all’ospedale di Sarzana, dove, da tempo, è stata sospesa.
            Peraltro, il riconoscimento della sede di Pronto Soccorso presso l’Ospedale San Bartolomeo di Sarzana, sancita dalle linee guida stilate per la Regione Liguria dal consulente dell’agenzia governativa AGE.N.A.S. e fatte proprie dalla stessa, impone, anche in virtù delle normative e linee guida del Ministero della Salute, la presenza di una struttura complessa di Medicina Generale e di Chirurgia Generale con guardia attiva sulle 24 ore o (nel caso di impossibilità) di reperibilità sostitutiva in grado di accogliere, intervenire e ricoverare o stabilizzare i pazienti che si presentano e, nel caso,  trasferirli alla sede più attrezzata. 

Punto 3 Il riconoscimento che la ripartizione dei finanziamenti regionali penalizzava fortemente la A.S.L. 5 e che esiste anche una gravissima carenza di posti letto ospedalieri e di personale.
            Da anni il movimento cittadini per la sanità andava denunciando a tutti i livelli la disparità di trattamento nella ripartizione dei fondi, attraverso il sistema della “quota capitaria”, che penalizzava la A.S.L. 5 rispetto agli altri territori (in particolare A.S.L. 2 e A.S.L. 3 nel cui comprensorio insistono anche Aziende Ospedaliere).
            La questione, fatta propria dai Sindaci locali, è stata finalmente riconosciuta dalla Regione che ha rimodulato la quota per il 2012, fissandola in 2.014 € procapite (Assessore alla sanità Montaldo su Il Secolo XIX, Venerdì 15 Giugno 2012) e dichiarando che è un “primo passo verso un ulteriore riequilibrio”. Quindi si può supporre di un ulteriore abbattimento della quota capitaria destinata ai territori “centrali” ed un ulteriore aumento di quella destinata ai territori periferici per il 2013.
Le quote per le altre A.S.L. liguri: http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2012/06/14/APVSJxiC-montaldo_definiti_liguri.shtml : Genova - L’assessore regionale alla Sanità Claudio Montaldo ha definito la ripartizione delle risorse per le Asl liguri per il 2012. Alla Asl 3 Genovese sono destinati 2.192 euro pro capite, alla Asl 4 Chiavarese 2.036 euro, alla Asl 2 Savonese 2.020 euro e alla Asl 1 Imperiese 1.792 euro.
            Sulla carta la A.S.L. 5 disporrebbe pertanto per l’anno in corso di circa 30 milioni di euro in più rispetto al 2011 e, probabilmente, qualcosa ancora in più nel 2013 se la Regione manterrà la parola data.
            Altra cosa il riconoscimento, ovviamente naturale a fronte dei numeri incontrovertibili, della grave carenza di posti letto nella nostra provincia su cui verte giocoforza il nuovo piano di riorganizzazione della rete ospedaliera spezzina che dovrebbe trovare soluzione fino alla stabilizzazione della media prevista dalle normative.
            La Direzione Aziendale, e di conseguenza la Regione Liguria, ha recentemente ammesso che rispetto ai parametri disposti dalle normative e recepite nel piano sanitario del 2010 la carenza  è di circa 320/330 posti letto (620/630 dichiarati, di cui 550 per acuti e 80 per riabilitazione – ma probabilmente sovrastimati perché non tutti attivi – a fronte dei 930/940 necessari – che dovrebbero anche essere supportati da servizi territoriali efficaci ed efficienti, in grado, cioè, di ridurre la richiesta di ricovero ospedaliero. Cosa che non succede sicuramente nei nostri territori -).
            Quindi   con   un  vergognoso  parametro  per  i  nostri  territori  del  2,8  per mille  abitanti  (a fronte della media Ligure del 4,4 per mille abitanti - ultimo dato ufficiale 2009: http://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=9843 - addirittura superiore all’indice del 4,2 nazionale), che, associato a servizi “ intermedi” e territoriali e domiciliari assolutamente insufficienti  nello scopo di riduzione della richiesta di ospedalizzazione, mette in seria crisi l’efficienza ed efficacia dei servizi sanitari provinciali.
            Oggi il parametro indicato nella “spending review” è di 3,7 posti letto per mille abitanti (di cui 3 per acuti e 0,7 per riabilitazione per una popolazione di più di 220.000 abitanti della A.S.L. 5) pari a circa 830 posti letto di cui 670 per acuti e 160 per riabilitazione.
            Il saldo negativo per la A.S.L. 5, applicando il nuovo coefficiente previsto dalla “spending review” risulta pertanto essere di 200/210 posti letto di cui 120 per acuti e 80 per riabilitazione.
            Ecco quindi che l’ipotesi paventata di spostare i posti letto di Riabilitazione dall’ospedale di Sarzana alla costruenda struttura di proprietà della Fondazione Ca.Ri.Spe., (attiva solo dalla prossima primavera) risponde alla necessità di aumentare in qualche modo i posti letto necessari per l’acuzie non potendo costruire in tempi utili nuove strutture pubbliche. E ciò esclusivamente  fotografando la situazione attuale, senza mettere in discussione la scelta nuovo Filettino, escludendo l’ex ospedale San Nicolò di Levanto e facendo finta che a La Spezia non esista una struttura sanitaria come l’ex ospedale militare della Marina Militare ed avendo quindi a disposizione la sola struttura del San Bartolomeo di Sarzana.
            Forse ai più sarà sfuggito il fatto che questa operazione sancisce il trasferimento in mano privata di un rilevante numero di posti letto  che dovevano essere pubblici (anche se non è dato a sapere con quale rapporto giuridico la A.S.L. 5 si ponga nei confronti della Fondazione Ca.Ri.Spe. proprietaria dei posti letto della struttura di Montepertico a La Spezia dove sarebbero trasferiti gli attuali posti letto di riabilitazione presenti nell’ospedale sarzanese).
            Invece, nonostante si riconosca anche la grave carenza di personale, nulla è stato ancora fatto o impostato per risolvere questo problema che, ancora oggi pur con le deroghe assegnate alla A.S.L. 5 (pochissime in verità), inficia persino la possibilità di riapertura settembrina dei reparti di Ortopedia a Sarzana o quella, molto più in là da venire, della ex Chirurgia Generale 2° di La Spezia chiusi per tre mesi con la scusa delle ferie estive.
            Operazione questa che ha invece permesso la copertura estiva di buchi strutturali di organico sparsi nei vari reparti, che si ripresenteranno tal quali alla riapertura dei reparti, e non già la concessione dei 15 giorni di ferie al personale dei reparti chiusi, oltre che la sospensione di un certo numero di interventi chirurgici di elezione rimandati a data da destinarsi pari ad un taglio di circa il 20% su base annua.
             Nella realtà la carenza strutturale di personale è gravissima e distribuita nei vari reparti e servizi, come dimostrato ad esempio dalla dichiarazione dalle Organizzazioni Sindacali di categoria che calcolano solo per i servizi minimi assistenziali, confermando in parte le nostre denunce, la carenza del solo personale infermieristico in più di 60 unità già per i servizi attivi prima dell’estate.
            I dati elaborati e divulgati dal movimento cittadini per la sanità dicono che nel solo periodo 2004-2009 l’A.S.L. 5 aveva dato, da sola, il 43% di tutta la riduzione di personale del S.S.N. ligure su base regionale, mentre altri addirittura aumentavano gli organici. Pur senza ammettere il numero o entrare nei dettagli, persino l’Assessore alla Salute Dott. Montaldo riconobbe che le percentuali di rientro imposte dalle finanziarie dal 2.004 in poi non erano state spalmate equamente su tutto il territorio, ma era stata considerata la sola media regionale confermando la sperequazione fra i territori.
            Un'ulteriore elaborazione del Movimento, effettuata sulla base dell’elenco 2010 dei dipendenti del S.S.N. ligure, emanato annualmente col Bollettino Ufficiale della Regione Liguria, metteva drammaticamente a nudo la realtà.
            A inizio 2011 nella ASL 5, a titolo di esempio riassuntivo, su mille abitanti, erano presenti:
·                     9,7 dipendenti a fronte del 16,6 del resto della Liguria,
·                     1,8 medici a fronte del 2,7, 
·                    4,6 infermieri a fronte del 6,4
e così via, fino ad un dato quasi assurdo che rivela come in regione Liguria siano dipendenti del SSN 2.081 O.S.S. (operatori Socio Sanitari – gli infermieri generici di vecchia memoria -) di cui solo 62 nella A.S.L. 5! (Ovviamente le tabelle sono a disposizione di chiunque ne faccia richiesta).
            Ed ecco che viene a crearsi il problema della gestione dei posti letto che si dovrebbero  recuperare nel nosocomio sarzanese e che andrebbe a sommarsi alla attuale carenza già grave di personale. Pare scontato affermare che il rischio concreto sarà quello di non poter attivare i posti letto che si vanno a recuperare senza un adeguato piani di assunzioni.
            Poiché poi, anche per il 2013, 2014, 2015 e come già avvenuto dal 2010 al 2012, la "spending review" fissa la spesa di personale in termini non superiori a quella del 2004 aumentata del 1,4%, e' necessario per ragioni di trasparenza (ed onde evitare discriminazioni sui territori, come già avvenuto per la ASL 5) che la Regione indichi chiaramente il dato di spesa del 2004 ripartito per ogni singola ASL, Azienda ospedaliera, IRCSS, etc.. ed i successivi “aggiustamenti” di bilancio per la spesa del personale.

Punto 4 La ricerca o la sperimentazione di modelli assistenziali che rendano l’organizzazione dei servizi e reparti ospedalieri più efficiente, efficace e flessibile.
            A prescindere dai modelli assistenziali più avanzati, dove i servizi territoriali sono in grado di trasferire prestazioni sanitarie dal letto ospedaliero a strutture intermedie più a basso costo o al domicilio, se non addirittura puntare a modelli territoriali di prevenzione avanzata, è condivisibile, coi dovuti distinguo, la necessità di ottimizzare le risorse umane disponibili nelle strutture ospedaliere in modelli assistenziali capaci di riportare il paziente al centro del modello stesso.
            I modelli da attuare dovrebbero aumentare l’efficacia delle prestazioni erogate coinvolgendo la globalità delle patologie presentate dal paziente al momento del ricovero, tarando contestualmente le dotazioni di personale in base all’effettivo impegno assistenziale, sia qualitativo che quantitativo, e non già continuando con servizi e reparti organizzati per specialità se non addirittura per organo.
            Ecco quindi che, negli ultimi anni, il modello per “intensità di cure” è stato sperimentato da più parti, ovviamente plasmandolo in base alle strutture esistenti. A questo punto sembrerebbe ovvio progettare, come è stato fatto per il nuovo Felettino, un ospedale così organizzato, capace di fornire una flessibilità di utilizzo adattabile a vari sistemi od ai momenti “storico/sanitari” futuri per quanto possibile partendo proprio dal primo passo dell’organizzazione per “intensità di cure”.
            Ma, c’è sempre un ma: le varie sperimentazioni conosciute ci dicono che l’ospedale per intensità di cure non deve nascere, né deve essere utilizzato, con l’intento di limitare spese e tagliare rispetto all’attuale perché fallirebbe miseramente. Se a ciò associamo il fatto che già oggi i servizi sanitari della nostra provincia risultano in forte difficoltà, pregiudicandone il futuro, e che la necessità prioritaria è quella di aumentare la dotazione di posti letto che, comunque, resterà inferiore al necessario rendendo quindi cogente il potenziamento dei servizi sanitari e socio-sanitari territoriali, è evidente che senza un piano di assunzioni che garantisca il futuro dei vari settori andremo ben poco distante.
            Quindi: avviare una sperimentazione contemporanea all’aumento dei posti letto nell’ospedale di Sarzana nello stesso nosocomio (che ben si presterebbe all’uopo come previsto per il futuro nella presentazione del progetto del nuovo ospedale del Felettino) in modo da confermare, in caso di sperimentazione positiva, anche le scelta organizzativa del nuovo ospedale provinciale, già improntata in questo senso, è proponibile solo ed esclusivamente a fronte di dettagliato calcolo del personale necessario e delle conseguenti assunzioni. Oltre che di una vera sinergia coi servizi territoriali ed un loro potenziamento attraverso le necessarie risorse di personale, le costituende Case della Salute, i Consultori familiari rilanciati ed i servizi territoriali decentrati e a domicilio in sinergia coi medici di base ed avviando il progetto di Infermiere di Famiglia con convenzioni sulla stregua di quelle che regolamentano gli stessi medici di base e che permettano una vera “presa in carico”, anche a domicilio, della persona malata nella sua globalità.

Punto 5 L’assoluta necessità di “fare rientrare” l’utenza migrante che preferisce (o è obbligata) cercare soluzioni alle sue necessità presso strutture sanitarie extraregionali.
            Scontata la necessità di risolvere il problema delle “doppie liste” (sempre ammesso che ci siano e chiedendosi come è possibile che la Toscana le applichi e noi, anche volendolo, non potremmo. L’escamotage delle “doppie liste” prevede tempi di attesa più corti per gli utenti che provengono da altre A.S.L. e regioni rispetto a quelli degli utenti residenti nella stessa A.S.L. per “procacciarsi” risorse derivanti dai trasferimenti da A.S.L. a A.S.L. o da altra regione ad A.S.L. a copertura del costo della prestazione fornita), è assolutamente ovvio che si debba intervenire pesantemente sul sistema per potenziarlo ed ampliare l’offerta, soprattutto utilizzando al massimo, ovvero sulle 12 ore per 6 giorni la settimana, i presidi e le apparecchiature in dotazione alla A.S.L. 5 (ma esiste un inventario delle stesse corredato dalla verifica del personale specializzato e dalla statistica di utilizzo?) cercando, altresì, di diminuire la richiesta impropria.
            IL CONTROLLO DELL’APPROPIATEZZA DELLE PRESCRIZIONI DIVENTA BASILARE E DEVE, UNA VOLTA PER TUTTE, TROVARE GLI STRUMENTI PER ESSERE EFFICACE. E’ noto a tutti, nell’ambiente di riferimento, che anche il solo invio cadenzato dell’elenco delle prescrizioni effettuate da ogni singolo medico al medico stesso abbia prodotto, laddove messo in campo, un abbattimento fino al 20% delle prescrizioni e che esistano sistemi successivi  di controllo e verifica dei risultati capaci di ridurre ancor di più le prescrizioni improprie o inutili.
            Le prestazioni per cui gli utenti ricorrono alle prestazioni extraregionali non sono, però, solo di natura diagnostica, ma anche per interventi chirurgici. Questi ultimi non sono motivati solo dalla ricerca di centri di eccellenza per prestazioni particolarmente complesse o per la presenza di “luminari”, ma anche per interventi pur di discreta difficoltà, ma “correnti”, come nel caso della ortopedia protesica articolare che la nostra azienda non ha mai supportato e pubblicizzato probabilmente abbastanza. Lasciando che invece lo facessero cliniche o società con chirurghi formatisi proprio nel pubblico e poi convertiti al “privato puro” .
            E’ assolutamente indubbio che una operazione di rientro di questo tipo di prestazioni prettamente degenziali ospedaliere, non sarà possibile senza un aumento dei posti letto disponibili ed un adeguamento degli organici di personale ed un potenziamento delle attività delle sale operatorie disponibili attraverso una riorganizzazione degli interventi fin’ ora eseguiti ed un ampliamento del numero di sedute operatorie e/o l’allungamento, se necessario, del tempo di apertura agli interventi programmati (di “elezione”) nel pomeriggio.
            DIVENTA PERTANTO IMPRESCINDIBILE IL RUOLO A FAVORE DELL’INTERA PROVINCIA DELL’ OSPEDALE SAN BARTOLOMEO DI SARZANA CHE NON DOVREBBE RISULTARE MERO “CUSCINETTO” O “RISERVA” DEI SERVIZI SPEZZINI, MA PARTE INTEGRANTE DEL SISTEMA, COMPENSATIVO DEL SANT’ANDREA SPEZZINO (ASSOLUTAMENTE INSUFFICIENTE A RISPONDERE ALLA RICHIESTA DI OSPEDALIZZAZIONE DEI NOSTRI TERRITORI), COME PERALTRO INDICATO NEL DOCUMENTO DI PROGRAMMAZIONE REGIONALE SANITARIA DEL LUGLIO 2010, DOCUMENTO CHE, AD OGGI, NON RISULTA REVOCATO.



PARTE 2
LE CONSEGUENTI OPERAZIONI INCENTRATE SUL TRASFERIMENTO DI REPARTI E SERVIZI DA E PER L’OSPEDALE DI SAN BARTOLOMEO

            Quindi: per quanto riguarda la parte dell’imminente “riorganizzazione dei servizi ospedalieri” relativa all’ospedale San Bartolomeo di Sarzana ed il trasloco dei servizi da e per esso:
 -                     L’organizzazione per intensità di cure, proposta dall’Azienda, non può prescindere dall’accorpamento per Aree Funzionali Omogenee: un’Area Funzionale Omogenea di Medicina (Medicina Generale, Geriatria, Pneumologia, Cardiologia, Oncologia) con l’istituzione di una sezione multispecialistica di day Hospital ed un’Area Funzionale Omogenea di Chirurgia (Chirurgia Generale, Urologia, Ortopedia e Oculistica) con l’istituzione di una sezione multispecialistica di Day Surgery, P.A.C. (Prestazioni Ambulatoriali Complesse) ed Ambulatoriale (piccoli interventi chirurgici).
 -                     Lo spostamento dell’Oncologia dal Filettino a Sarzana non può prescindere da una migliore, più precisa ed efficace organizzazione del Dipartimento Oncologico e deve assolutamente evitare l’effetto “spezzatino”. Ovvero: essendo una funzione non ricompresa nel D.E.A. i servizi relativi dovrebbero tutti trovare allocazione presso il San Bartolomeo (Radioterapia, Senologia, letti di degenza, sezione di anatomia patologica, etc…) organizzando contemporaneamente Day Hospital decentrati (a La Spezia e a Levanto almeno) in grado di effettuare anche le terapie antiblastiche endovenose con relativo spazio per la preparazione.
            Oggi la terapia infusionale è infatti eseguita solo a La Spezia, avendo l’azienda centralizzato il servizio di preparazione delle soluzioni antitumorali che deve rispondere ad  alcuni requisiti di protezione dell’operatore; requisiti che, attuati con costi limitati anche nelle sedi di         somministrazione, costerebbero nel tempo sicuramente meno del trasporto quotidiano dalla farmacia centralizzata.
-          Lo spostamento dei letti assegnati alla Fondazione Don Gnocchi da Sarzana alla costruenda struttura di Montepertico a La Spezia, metterebbe a disposizione una settantina di posti letto, ma rimarrebbe un  numero di posti di riabilitazione insufficienti alle necessità anche in conseguenza della ipotesi di riservare 18 posti letto della struttura alle necessità della A.S.L. 4 (Vedi articolo in cronaca locale su La Nazione del 6 Agosto 2012).
            Si chiede pertanto che parte dei posti letto liberati vengano mantenuti come riabilitativi ortopedici (soprattutto per il post operatorio protesico) e ripresi in gestione diretta col personale ancora dipendente della ASL e un certo numero di assunzioni mirate (la mobilità intraregionale metterebbe a disposizione fisioterapisti in un tempo ragionevolmente accettabile e si era stimato che le prestazioni dei 18 posti letto chiusi l’anno scorso, se ricondotte in house, sarebbero costate molto meno).
            Ciò manterrebbe inalterata la “mission”, già presente nel piano sanitario regionale del 2010,  di chirurgia elettiva ortopedica-protesica/riabilitativa e innalzerebbe l’indice percentuale dei letti di riabilitazione rispetto agli abitanti, pur senza arrivare comunque a quello previsto dalla “Spending Review”.
 -               Allo stesso modo lo spostamento dell’attività ambulatoriale, affidata alla Fondazione Don Gnocchi, dall’ospedale di Sarzana permetterebbe al servizio ambulatoriale di Fisioterapia, ancora in gestione all’A.S.L., di rientrare in possesso dei locali ed ampliare l’attività tornando almeno alla produttività antecedente la sistemazione, ancor più provvisoria e precaria della precedente, conseguente alla chiusura del vecchio ospedale di Sarzana da dove era stata sfrattata nel 2009.
 -               Lo spostamento di cui sopra libererebbe locali nel piano 0, dedicato agli ambulatori polispecialistici, dove troverebbe naturale collocazione la serie di ambulatori di oculistica che attualmente occupano quasi un’intera ala del piano 3, precedentemente dedicata alla Ostetricia/Ginecologia/Nido, dove sono già presenti 14 postazioni letto dismesse con l’accorpamento a La Spezia del vecchio reparto.
            A questi posti letto potrebbero essere aggiunti ulteriori posti letto e/o poltrone sul modello del day surgery e della “recovery room” nei restanti spazi  innalzando enormemente la potenzialità della sezione.
            Questo piano diventerebbe una delle “sezioni” per intensità di cura dell’Area funzionale omogenea chirurgica dove concentrare le attività chirurgiche di One Day Surgery (ricovero di una notte), Day Surgery (dimissione entro le ore 18-20 dello stesso giorno dell’intervento), P.A.C. (Prestazioni Chirurgiche Ambulatoriali Complesse senza ricovero vero e proprio ma con osservazione per alcune ore) e semplici ambulatoriali (Es. asportazione di nei o lipomi, onicectomie, etc…) il tutto liberando spazi nel Blocco Operatorio potendo contare sui locali a suo tempo dedicati alle sale parto trasformabili in piccola sala operatoria con tutti i requisiti igienico sanitari previsti per le tipologie di intervento di cui sopra. Nell’eventualità la sezione si presterebbe anche all’organizzazione di un “Week-One-Day Surgery” multispecialistico con chiusura al venerdì sera lasciando inalterata la potenzialità e continuità assistenziale (apertura continuativa sulle 24 ore con guardia o reperibilità di chirurgia generale e ortopedia come previsto dalle linee guida regionali e ministeriali in presenza di Pronto Soccorso) nelle sezioni del piano 2 (vedi dopo).
 -         Allo stesso modo, al piano 4, liberato dalla Sezione Cerebrolesi della Fondazione Don Gnocchi che oggi conta 16 posti letto sulle 24 ore, si attiva  un Day Hospital multispecialistico di Area Medica centralizzando quelli ora distribuiti nelle varie divisioni ed ottimizzando quindi l’utilizzo del personale dedicato.
 -         Al piano 1 (ex riabilitazione Fondazione Don Gnocchi) Bassa Intensità di cure di Area Funzionale Omogenea Medica, compreso la degenza per Riabilitazione Cardiologia.
 -         Al piano 2 (ex Chirurgia/Urologia, Ortopedia/traumatologia e Medicina Verde) tutta l’Area Funzionale Omogenea Chirurgica con una sezione di Bassa Intensità di cure, che ricomprenda la degenza per Riabilitazione Ortopedica/Protesica (in base al numero di interventi protesici eseguibili), una di Media Intensità di cure ed una di Alta Intensità di cure Rammentando la disponibilità della Sezione già citata al piano 4.
 -         Al piano 3 (ex Riabilitazione Cardiologia, Medicina Gialla e Pneumologia) ancora l’Area Funzionale Omogenea di Medicina con due sezioni di Media Intensità di cure ed una di Alta Intensità di cure nell’ala che già ospita i letti attrezzati per il monitoraggio centralizzato dei pazienti di Cardiologia.
 Ovviamente, secondo lo spirito dell’organizzazione per “intensità di cure” - dove i posti letto non sono assegnati e divisi per “specialità”, ma gestiti flessibilmente in base al livello di impegno assistenziale di cui abbisogna il paziente -, non paiono esistere alternative a questa organizzazione se non il mantenimento delle rigide divisioni per reparti e specialità a se stanti.
             Detto questo, è ovvio e consequenziale, il potenziamento del Blocco Operatorio che dovrebbe essere in grado di rendere operative almeno tutte le sale operatorie disponibili al mattino, che  sono 5: 4 interne, evidentemente da dedicare ad interventi in anestesia generale o spinale, ed una esterna, ma contigua, da dedicare ad interventi in anestesia locale più complessi rispetto a quelli eseguibili nella citata saletta del 4° piano .
            L’intento sarebbe:
-         Supportare, fino alla riapertura di tutti posti letto, la divisione di Chirurgia Generale spezzina.
-         Ospitare e rilanciare gli interventi chirurgici di Senologia in quanto interventi in “elezione”.
-         Aumentare il numero delle sedute operatorie di Urologia ridotti dopo il trasloco dal Felettino a Sarzana
            (Quanto sopra anche nell’ottica del potenziamento del Dipartimento di oncologia migliorando le possibilità di chiusura del percorso con l’intervento chirurgico nella stessa sede.)
-         Aumentare il numero di sedute operatorie e di interventi ortopedici in particolare protesici
-         Aumentare il numero di sedute e di interventi di oculistica, in particolare cominciando ad intervenire sulla retina che oggi il reparto non è in grado di esaudire per mancanza di spazi operativi e di personale.

 Un discorso a parte merita la questione più “globale” di Ortopedia/Traumatologia:
            Confermandosi l’indirizzo regionale di Traumatologia a La Spezia, in quanto sede di D.E.A. e Ortopedia di elezione a Sarzana, è ovvio e consequenziale che si debba pensare:
            1-  al potenziamento del servizio spezzino con l’attivazione di un vero pronto soccorso traumatologico capace di arrivare al nuovo Ospedale Provinciale (sede di D.E.A. di 2° livello) con l’attivazione di un vero e proprio “trauma Center” presente a Genova e nel Ponente ligure, ma non nel Levante.
            2 - Ma allo stesso modo si deve pensare al potenziamento del servizio sarzanese in termini di personale chirurgico con assunzioni che possano garantire non solo il carico di lavoro in più ereditato dal reparto di La Spezia con la riapertura settembrina, ma anche un aumento della “produzione” capace di fare rientrare l’utenza migrante e la “costruzione” di una equipe in grado di  perfezionarsi e darsi uno sbocco professionale e motivazionale per il futuro, in grado cioè di creare e mantenere nel tempo un centro di ortopedia di eccellenza debitamente pubblicizzato fra i medici di base e gli specialisti e supportato dall’Azienda col potenziamento degli ambulatori divisionali e territoriali soprattutto nelle aree di confine.
             Data per scontata la distinzione fra le due branche della specialità che ambiscono al riconoscimento di centri di eccellenza territoriali, è imprescindibile per il Movimento riconoscimento ad ognuna di Struttura Complessa a se stante e, quindi, di due primariati distinti orientati ognuno all’obbiettivo dell’eccellenza.
            Nonostante ciò possa apparire in conflitto con gli indirizzi attuali della “spendine review”, il numero totale di direttori di Strutture Complesse (Ospedaliere e non) della nostra A.S.L. rimarrebbe in linea, se non ancora al di sotto, delle medie regionali.
            Anche perché pare lecito affermare che un solo primario, che in questi casi è una figura prettamente “in produzione” non possa certamente dividersi fra i due reparti per creare e mantenere nel tempo due rami distinti di eccellenza.
            E poiché il risparmio reale è dato più dalla trasformazione dei posti letto e dei servizi, che devono diventare in grado di erogare prestazioni a parità di qualità, ma di più basso costo, che non nello stipendio di un primario, che si differenzia da quello di un Dirigente di 1° livello di poche decine di migliaia di euro l’anno, il Movimento ritiene che tale provvedimento renderebbe molto di più  dell’investimento.
            Del resto, anche esaminando il numero di posizioni apicali e la loro tipologia ed alcune decisioni Aziendali e Regionali che le hanno confermate (vedi Dirigente di Struttura Complessa di Psicologia) è lampante che una revisione più oculata delle posizioni dirigenziali nella nostra ASL a favore di quelle più necessarie e “redditizie” sarebbe essenziale e conveniente.
 Come imprescindibile è la richiesta di avvio immediato di una graduatoria per l’assunzione o il trasferimento dei chirurghi necessari al potenziamento delle due sezioni da cui attingere immediatamente per la riapertura del reparto sarzanese e, successivamente, per il potenziamento e le future sostituzioni di quello spezzino.
 Singolare il percorso, purtroppo forse incontrastato scientemente, che ha portato le attività chirurgiche di elezione ortopedica (in special modo protesica) ad un punto di crisi così profondo come quello che si presenterà alla riapertura del reparto sarzanese.
Dalla ricostruzione effettuata dal Movimento cittadini per la sanità si evince come la decisione di pensionarsi dell’ex Primario della divisione di Sarzana sia stata facilitata dal progetto regionale, confermato dall’ Assessore Montaldo in una riunione pubblica in Comune a Sarzana, di assegnarli un incarico operativo dopo il pensionamento, facendolo così uscire dalla porta per rientrare dalla finestra. Progetto poi abbandonato per cancellare il posto di Primario ed unificarlo a quello di La Spezia.
Da notare che col vecchio primario il reparto di Sarzana si fregiava del titolo di “centro protesico regionale” e che nell’anno successivo al suo pensionamento ha confermato i numeri assolutamente positivi (secondo alcune rilevazioni addirittura superiori a quelli del reparto spezzino che pure conta un bacino di utenza 4 volte più ampio)praticamente sotto la conduzione, non già del primario spezzino sotto cui la ASL 5 e la Regione avevano unificato le divisioni, ma del suo “aiuto” sarzanese bocciato clamorosamente nell’ultimo concorso a favore di una chirurgo esterno che non pare abbia i numeri necessari a far decollare la chirurgia protesica, come previsto dal piano sanitario regionale, essendo orientato più ad altre prestazioni. Se la decisione è stata presa per favorire il “rientro” delle prestazioni proteiche che vengono effettuate fuori regione possiamo ben dubitare della riuscita, anzi, sommando questo elemento alle defezioni dell’ultimo anno e a quelle che ci saranno entro la fine, ben note ad Azienda e Regione, si può ben prevedere la crisi di questo settore VOLUTAMENTE definito “strategico”.
Nulla, infatti, hanno fatto ASL 5 e regione per coprire i posti che nel giro di un anno si sono scoperti nel reparto Sarzanese dovuti ad un decesso e tre trasferimenti che, sommati al pensionamento del primario portano a meno 5 le presenze di chirurghi.
Ma non solo perché ad oggi un altro chirurgo risulta in servizio presso il reparto spezzino, mentre a La Spezia un chirurgo ortopedico rientrato in ASL  da un incarico politico in Comune capoluogo è stato “dirottato” a mansioni non operative, e non proprie per specialità per cui è stato assunto, in seno alla direzione.
Inoltre ad oggi, ma ci sono precisi segnali che la situazione non sarà corretta, risulta chiuso anche l’ambulatorio divisionale.
            E, per finire, risulta anche che, entro la fine dell’anno, pure a La Spezia, anch’essa sottostimata in previsione dell’orientamento traumatologico previsto per il DEA di 1° livello, verranno a mancare altri due chirurgico.
Il tutto senza nessun segnale da parte di Regione ed A.S.L. 5 che conforti circa il rilancio e la riapertura del reparto di Sarzana.
            Sommando la situazione alla pesantissima spinta che la regione sta dando alla privatizzazione di questo settore anche in altri territori liguri, dove peraltro si mantiene attivo e ben supportato anche pari servizio a gestione diretta pubblica, viene spontaneo convincersi che l’indirizzo regionale e della A.S.L. non sia certo quello di potenziare la parte di chirurgia protesica direttamente  la parte direttamente gestita. (Ricordiamo un trafiletto apparso sul quotidiano La Repubblica nel Marzo 2011 in cui si riportava l’intenzione della regione di affidare ad un noto professionista locale, formatosi nei nostri reparti per poi passare all’attività completamente privata, attraverso la società dove esplica la sua attività operatoria, il reparto sarzanese).
 (E’ OLTREMODO OVVIO CHE IL MOVIMENTO CONTRASTERA’ CON TUTTE LE ARMI A DISPOSIZIONE QUALSIASI SOLUZIONE VOLTA A CEDERE A QUALSIASI TITOLO LA GESTIONE DI PRESTAZIONI ORTOPEDICHE A PRIVATI, ANCHE IN CONSIDERAZIONE CHE L’OPERAZIONE “FONDAZIONE CARISPE/MONTEPERTICO” GIA’ TRASFERIREBBE ALLA PROPRIETA’  PRIVATA 90 POSTI LETTO PUBBLICI)
 Allo stesso modo si deve agire per risolvere il problema della carenza di Anestesisti che inficia le potenzialità del Blocco Operatorio di Sarzana dove, già oggi ad attività ridotta, è necessario fare intervenire, quando disponibili, gli anestesisti spezzini.

PARTE 3
 CONCLUSIONI
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             Ovviamente la posizione del Movimento non si scosta, con la semplice proposta “tecnica”, che pure abbiamo presentato qui sopra, dall’analisi e dalla pretesa di soluzione dei punti più salienti di caduta del nostro sistema sanitario provinciale, così come riconosciuti oramai da tutti, alla luce delle possibilità attuali.
            L’orientamento non è quindi il solo “basta taglia alla sanità spezzina”, ma una richiesta forte e decisa di reale riequilibrio con gli altri territori e coi parametri nazionali e di potenziamento. Riequilibrio e potenziamento possibili, secondo il Movimento, nelle more delle disponibilità regionali e delle normative e linee guida vigenti.
             E’ necessario quindi che la regione attivi bandi per la formazione di graduatorie di mobilità intraregionale per titoli (o concorsi pubblici, laddove la mobilità non dia esito o non sia perseguibile) DA SUBITO per cominciare a riequilibrare i nostri numeri gravemente deficitari anche perché:
            1- Gli altri territori liguri dovranno tagliare interi reparti ed avranno quindi un esubero di personale col quale, a parità di spesa, la regione può in parte ricominciare a riequilibrare il personale della ASL5. Il rischio concreto è che, invece, come si è verificato negli ultimi anni, si continuino a trovare soluzioni che privilegino i soliti noti. Ad esempio trasferendo il personale in esubero nei reparti ospedalieri sui servizi territoriali.
            2 - I tempi per avere personale in tutti e due i casi non sono inferiori ai 4 mesi dovendo far partire i bandi, reperire le domande, i titoli (od eventualmente eseguire le prove di concorso), stilare le graduatorie e attendere i termini di preavviso per il personale già occupato che possono arrivare fino a 60 giorni.
             Ovvero: bandendo i corsi a Ottobre, il personale sarebbe utilizzabile in tempo utile per l’apertura dei posti letto lasciati liberi dalla Fondazione Don Gnocchi in primavera prossima.
             Dal punto di vista finanziario i 30 milioni in più rispetto al finanziamento 2011, derivanti dal riallineamento della quota capitarla, consentirebbero alla ASL5 di ottemperare alla norma di gestione che impone la capacità di copertura del costo e dal momento in cui la percentuale di rientro sul monte salari 2004 (come detto precedentemente) è stata abbondantemente sfondata.
             Peraltro riteniamo doveroso che la ASL5 indichi i capitoli di spesa in cui è stata, o sarà spesa, questa quota aggiuntiva rispetto al 2011.
             IL SOSPETTO E’ CHE, ANCORA UNA VOLTA, SI TRATTI DI NUMERI SULLA CARTA E CHE ANCHE QUESTA QUOTA SIA GIA’ STATA “RIASSORBITA” A COPERTURA DEL BUCO REGIONALE, SE E’ VERO CHE ANCHE PER QUEST’ANNO LA REGIONE CHIEDERA’ DAI 3 AI 5 MILIONI DI EURO (SECONDO LE NOSTRE FONTI) DI TAGLI DA EFFETTUARSI ENTRO LA FINE DELL’ANNO.
            E ancora: in merito al problema delle risorse economiche rimarchiamo nuovamente che nessuno ha mai voluto affrontare e correggere il fatto che molti appalti ed “acquisti di beni e servizi”, soprattutto in settori strategici strutturali ed essenziali,  costano alla ASL 5 più della gestione “in house”ed una cifra enorme di I.V.A. che altrimenti non sarebbe dovuta, ma utilizzabile per investimenti.
Sul punto appare utile precisare che, anche solo per costi procapite di servizi non sanitari, la ASL 5 si distingue negativamente a livello nazionale ( cfr Sole 24 Sanità 24-30/07/2012) ove, rispetto alla media nazionale di euro 42,8 procapite, la ASL 5 spende 122,9 euro.
  E’ quindi necessario che la ASL 5 attraverso chiare e precise direttive e normative regionali, magari elaborate allo scopo, rivedano l’intera struttura di ricorso ai privati impostando un piano di reinternalizzazione di ciò che non è conveniente in termini di costo/resa/efficacia/efficienza per il sistema intero.
    Non ottemperare da subito a questi provvedimenti significherebbe che, non solo si nasconde nuovamente la verità, ma che, per parte della Regione e della ASL 5, ci sono altre soluzioni che, facilmente intuibile, darebbero sbocco ad ulteriori, costosi, ricorsi a privati.
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 Per entrare poi in un problema molto sentito dagli operatori e dai cittadini, che è quello dell’affollamento dei Pronto soccorso, e senza polemizzare per la situazione incresciosa - strutturalmente parlando - del P.S. spezzino, il Movimento ritiene di dover ribadire una proposta già lanciata più volte, ovviamente anche questa frutto di suggerimenti di professionisti:
  Istituzione di un ambulatorio medico, contiguo alla sala d’attesa dei Pronto Soccorso, dove fare confluire i codici Bianchi e Verdi. Ovviamente passati al Triage infermieristico del Pronto Soccorso gestito a rotazione dai medici di medicina generale.
      Questo consentirebbe di sfoltire gli accessi ai pronto Soccorso e destinare il personale alle effettive urgenze/emergenze e di “educare” l’utenza al corretto accesso al Pronto Soccorso stesso.
            La sicurezza del paziente sarebbe comunque garantita dal fatto che la sala d’attesa è la stessa del pronto soccorso e che i codici eventualmente da rivalutare o, secondo giudizio del medico, da rinviare al Pronto soccorso rimarrebbero in “area protetta”.
      E' inoltre particolarmente sentita - tanto dai cittadini quanto dagli operatori - la necessità che siano  date maggiori informazioni alle persone in attesa presso i locali del P.S. sia per comprendere il proprio turno a seconda del codice colore sia per comprendere se il turno sia modificato da un'urgenza (è allo studio un pannello informativo anonimo, gestito informaticamente, del tipo di quello già in uso presso l'ospedale Galliera)
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            Non ultimo un appunto sulla questione delle nomine dei “Capi Dipartimento” su cui così pesantemente si è espresso anche il Sindaco di La Spezia Federici che ha asserito che la nomina dovrebbe non più essere elettiva, ma a discrezione insindacabile del Direttore generale.
Certo, anche il Movimento ha contestato le “nomine elettive” per un ruolo così importante nello sviluppo e  nella organizzazione dei servizi sanitari dell’Azienda. E’ infatti aberrante che tale nomina possa essere basata sul numero di voti conseguiti dai candidati, sistema che è troppo vulnerabile al “voto di scambio” o al “voto di simpatia” laddove, invece, è necessario premiare merito e professionalità. Ma anche noi, a suo tempo, proponemmo pubblicamente di fronte all’Assessore Montaldo, che sembrò molto interessato, un altro percorso: un concorso interno dove gli aventi titolo presentano un progetto sulle indicazioni, queste si, del Direttore Generale, da valutarsi da una commissione di esperti esterna all’ ASL che indica il migliore e ne verifica annualmente il reale raggiungimento degli obiettivi.
Sistema peraltro suggerito da professionisti interni all’Azienda, prova che certi percorsi non sono graditi ma subiti dagli operatori, di cui ci facemmo portavoce. Ma forse, conta di più un Sindaco degli operatori stessi.
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       Rimane in conclusione, e più in generale, un invito fermo alla politica : creatività, fantasia, rispetto delle leggi, trasparenza e partecipazione verso i cittadini, devono servire a respingere nuove ed ulteriori manovre di tagli indiscriminati al belare e in particolare al servizio sanitario; tagli che hanno un'unica finalità: ricondurre nelle tasche di qualche privato le risorse dei cittadini.
      La politica deve riconquistare il suo ruolo, che non e' quello di semplice ragioniere (o taglio i servizi o aumento le tasse) che chiunque saprebbe fare, ma quello di sprone a trovare soluzioni migliorative con l'apporto partecipativo di tutti gli attori del sistema : operatori sanitari, istituzioni e CITTADINI.
       (da dati rapporto ANAAO - ASSOMED 2012)
      L'Italia, nel periodo 2000/2009, e'stata il Paese più virtuoso nella percentuale di crescita annuale della spesa sanitaria in termini reali : l'1,9% su una media Oecd del 4,7%. La Germania, spesso citata come Paese da imitare, ha segnato il 2%, la Francia il 2,7%, il Regno Unito il 5,4%. In rapporto al PIL la spesa globale e' scesa dal 9,3% nel 2010 al 9,1% nel 2011, con la media dei Paesi Oecd al 9,5%.
      I dati Oecd dimostrano inoltre che, a fronte di una delle spese più basse, gli esiti clinici danno risultati favorevoli in Italia. L'aspettativa di vita alla nascita e' di 82 anni (medica Oecd a 79,8).
      Mancano quindi serie evidenze di un tasso di inefficienza economica tale da giustificare ulteriori riduzioni di spesa (cfr Ceis 2012).
      La riduzione dei posti letto al 3,7/1000 abitanti e' figlia di un'equazione tra posto letto e spesa del tutto falsa. L'Emilia Romagna ha un tasso di posti letto superiore alla media nazionale, ma con conti e servizi in ordine rispetto alla Campania dove i posti letto mancano anche rispetto ai nuovi indicatori.
      L'Italia ha oggi uno degli indici di posti letto/1000 abitanti più basso tra i Paesi Oecd (media 4,9/1000 abitanti). La previsione del Governo per l'Italia e' del 3,7/1000 abitanti, mentre in Germania e' del 8,3, in Francia 6,3, Svizzera 5, Austria 7,6.
      La lotta agli sprechi - vedasi i plurimi intervento del Movimento sugli appalti di servizi - che certo non mancano dovrebbe servire a garantire i necessari investimenti per mantenere gli ottimi livelli quali-quantitativi raggiunti, riducendo le disuguaglianze territoriali e le barriere che ostacolano l'accesso ai servizi, vero fattore di iniquità del sistema.
       Quanto sopra - in condivisione di quanto andiamo affermando da anni - lo sostengono ora anche i medici !

La Spezia 29 Agosto 2012
            L’esecutivo del Movimento cittadini per la sanità
Cittadinanzattiva/Tribunale Diritti del Malato La Spezia – Sarzana: Rino TORTORELLI
Centro ligure tutela del malato La Spezia: Paola MENICAGLI
Centro ligure tutela del malato Sarzana: Graziella GIACOMELLI
ADICONSUM Sarzana: Alvaro CREMA
Comitato 6.000 firme per la sanità: Gianfranco DAMIANO
Comitato sanità Val di Magra: Maria SERRA



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